Febbre cinese
Fino a poche settimane fa si leggevano previsioni trionfalistiche come questa: “Sono oltre 100 milioni i potenziali clienti cinesi interessati a trascorrere una vacanza in Europa, e il 70 per cento di essi ha come meta preferita l’Italia”. Poi l’Enit ha cominciato a ridimensionare le stime, che restano pur sempre molto positive (cfr. Italia Oggi 13 febbraio ’04). Così il termometro e l’interesse restano alti: diverse regioni italiane hanno già anticipato che saranno presenti alle fiere turistiche cinesi, qualche Ente turistico ha annunciato l’apertura di propri uffici di rappresentanza in Cina, l’Enit ha in programma una serie di work shop itineranti, la Cina sarà ospite d’onore in diverse iniziative già in calendario nel 2004 …E anche all’estero non si scherza: il Ministero del Turismo francese ipotizza che fin dal 2006 in Francia potrebbero giungere un milione di turisti cinesi. Anche per questo il capo d’anno cinese in Francia è stato festeggiato con la Tour Eiffel illuminata di rosso per una settimana, ed il presidente cinese Hu Jintao è stato accolto con tutti gli onori. Personalmente giudico la Cina un mercato che offre molte opportunità per il turismo made i Italy, ma consiglierei di valutare con molta attenzione le iniziative da intraprendere, per evitare forme di marketing indifferenziato. In primo luogo i dati vanno letti attentamente, e le previsioni devono essere realistiche. Chi conosce solo un poco il mercato cinese sa che non tutti i dati disponibili riescono a descrivere un continente, come in effetti è la Cina, così pieno di contraddizioni: il divario tra ricchi e poveri, tra città e campagne, uno sviluppo industriale formidabile e un sistema sanitario che lascia perplessi. Si stima che la moderazione di questi squilibri sociali richieda da parte della Cina la creazione di almeno 8 milioni di posti di lavoro l’anno. Dunque prima di partire con campagne promozionali costosissime e non mirate, un minimo di indagine in più, non guasterebbe.
E, prima di partire con la promozione, inviterei chi si occupa di ospitalità ad attrezzarsi seriamente, vi è infatti il rischio che possa succedere quello che è successo con i Giapponesi che in diverse parti del mondo si sono create le loro strutture ricettive. Mi permetto poi di invitare gli Enti delle località turistiche meno conosciute a livello internazionale, a cercare alleanze prima di andare in Cina, o eventualmente a non muoversi subito, ma ad aspettare ancora un pò, ad aspettare cioè che al turismo dei pionieri cinesi, che sarà inevitabilmente organizzato dai T.O. e privilegerà le mete “must”, faccia poi seguito quello degli individuali più o meno auto-organizzati, e più interessati alle visite di scoperta. Certo il bacino è nuovo, è interessantissimo, e sicuramente muovendosi bene l’Italia potrà ospitare flussi importanti dalla Cina, ma … appunto occorre muoversi bene. Ciò vuol dire in primo luogo saper coordinare gli sforzi, stabilire un ordine di priorità negli interventi e negli strumenti di marketing da adottare.
G. D.