Nel turismo la misura di tutte le cose è l’accoglienza
Finalmente un articolo del Corriere della Sera affronta la questione chiave del turismo (e mette il dito nella piaga). Scrive il giornalista Claudio Schirinzi: ”Ci siamo abituati a pensare che il made in Italy sia un vestito firmato o un mobile di classe, ci siamo cullati nella convinzione che la Scala e le strade dello shopping siano seduzioni sufficienti per fare di Milano un’attrazione turistica. Evidentemente non è così”. Infatti non è così: al centro di tutto ci sono le persone, e i problemi del turismo non si possono ridurre alla presenza sul web o in fiera, ai Social Network e ai Brand. L’accoglienza è la misura delle cose.
Ecco qualche stralcio dell’articolo, segnalatomi da Alberto Correra
“Sostenere che Milano è all’ottavo posto nella classifica delle città più inospitali del mondo è quantomeno stravagante. Eppure è questo il giudizio che hanno dato i lettori della rivista americana Condé Nast Traveller. I quali sintetizzano: «Non incarna quel valore di ospitalità solare che dall’Italia il turista si aspetta». E consigliano: «Saltatela!».
Non importa che Parigi, Cannes e Francoforte vengano considerate ancora più ostili di Milano. Non serve a nulla sottolineare quanto questa graduatoria sia strampalata. Il danno è fatto ed è un danno grave. Alla vigilia di Expo avremmo bisogno esattamente del contrario: dell’immagine di una Milano ospitale, accogliente, aperta, amichevole, rassicurante. Certo, non è un bel biglietto da visita l’esercito di abusivi che bivaccano alla stazione Centrale e importunano i viaggiatori. Non sono rassicuranti i borseggiatori che presidiano la Galleria e prendono di mira i turisti, per non parlare delle bande di criminali, prevalentemente dell’Est europeo, che attendono i clienti all’uscita di ristoranti e di discoteche per rapinarli.
Eppure non è di questo, o non soltanto di questo, che si lamentano i visitatori che hanno compilato quella scoraggiante graduatoria, forse perché la microcriminalità è comune a tutte le metropoli del mondo. A Milano rimproverano la mancanza di calore, di empatia.
Sorridere di più
(…) Ci siamo abituati a pensare che il made in Italy sia un vestito firmato o un mobile di classe, ci siamo cullati nella convinzione che la Scala e le strade dello shopping siano seduzioni sufficienti per fare di Milano un’attrazione turistica. Evidentemente non è così. Chi arriva qui si aspetta anche altro: magari un tassista che parla due parole d’inglese, magari un passante che si ferma e chiede se serve aiuto al turista che cerca di orientarsi con una cartina in mano, magari un cameriere che non ti consiglia la bottiglia più costosa della lista, oppure il negoziante che ti fa sentire un ospite e non un pollo da spennare. O magari più semplicemente chi arriva a Milano si aspetta un sorriso. Che non è soltanto un’espressione del viso”.