Difendo i turisti e il diritto al turismo
Leggo che secondo i giornali spagnoli dall’inizio dell’anno sono stati assaltati sette tra hotel e ristoranti di Barcellona, ed un numero imprecisato di biciclette (bikesharing). E’ questa l’evoluzione dell’antiturismo, ribattezzato per l’occasione “turismofobia”, che a ben vedere è una parola che nasconde un forma di razzismo nei confronti dei turisti.
In Italia mi sono stati segnalati atti vandalici contro una agenzia che organizza bike tour, e tante scritte sui muri del tipo “Ma se è la stagione dei turisti perché non gli possiamo sparare?”, oltre a ordinanze-gaffes di Istituzioni pubbliche
Ma il vero problema da noi – per ora – sono gli articoli sul turismo scritti da persone che non lo conoscono e che attribuiscono le colpe ai turisti (definiti “orde di turisti”), non a chi organizza eventi per centinaia di migliaia di persone, in alta stagione, o a chi spende milioni per promuovere destinazioni già superaffollate di visitatori. E spesso si tratta di località famose, che per decenni hanno implorato i turisti di andare da loro.
In quegli articoli non si chiede a Ministero, Regioni e Comuni, che al tema dedicano solo interviste, di essere all’altezza di questi problemi e di diventare registi di uno sviluppo turistico diverso, o di tentare altre strade per gestire il turismo, strade diverse dall’unica che sanno fare: la solita “promozione turistica”. O almeno di smettere di incentivare il turismo in maniera indifferenziata, e di affrontarlo piuttosto con le competenze necessarie.
Il fatto è che siamo di fronte al vecchio pregiudizio nei confronti del turismo. Come sosteneva Hans Magnus Enzensberger la sedicente critica del turismo come fenomeno che “volgarizza il mondo”, non è nient’altro che una voce a difesa di un privilegio, quello della vacanza di pochi, un privilegio minacciato di annientamento.
Giancarlo Dall’Ara