La rivoluzione dei visti turistici che l’Italia non vuole fare

Ogni volta che vado in Cina mi entusiasmo per le novità che vedo, le persone che incontro, e per le tante cose che – chi si occupa di nuovi trend nel turismo – può scoprire. Ma all’entusiasmo si aggiunge anche un senso di frustrazione per la poca considerazione che nel nostro Paese si continua ad avere per il più grande mercato turistico del mondo. 

La settimana scorsa, un operatore cinese a Shanghai, mi ha chiesto: ”Non si può accelerare la pratica per l’ottenimento dei visti? Per noi e per i nostri clienti, continua ad essere un grosso problema”. 

A molti in Italia sfugge l’importanza di questo tema, che considerano superato. Molti non sanno che i cinesi possono andare in vacanza in 70 paesi al mondo (diversi dei quali nostri diretti concorrenti) senza visto! Non sanno che oggi in Cina si può ottenere il visto per paesi come la Tailandia in un minuto, usando una App… senza dunque le trafile burocratiche per le quali il nostro Paese è specialista.

Molti non sanno nemmeno che un cinese può ottenere un visto turistico per gli Usa con validità di 10 anni!

Dovrebbero essere addetti ai lavori, ma non hanno ancora capito che un visto turistico per l’Italia non dovrebbe essere solo una questione burocratica, ma dovrebbe essere soprattutto un gesto di benvenuto.

E ignorano quanto le procedure per l’ottenimento dei visti turistici abbia danneggiato storicamente il turismo italiano. Parlo di un danno gigantesco per la nostra industria del turismo

Come si fa ad ignorare il valore dell’indotto economico che il turismo dalla Cina crea e potrebbe creare ancora di più, considerato che le spese dei cinesi all’estero oggi sono superiori a quelle di americani, tedeschi e britannici messi assieme! 

Non c’è bisogno di essere esperti per capire che l’eliminazione del visto turistico ai cinesi potrebbe incrementare considerevolmente il numero dei loro arrivi, e creare migliaia di posti di lavoro. 

GD

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