Turismo cinese: cambiamo registro!
Ecco una sintesi dell’intervista che mi ha fatto Claudio Monti:
- Il turismo cinese a Rimini e in riviera ha oggi percentuali irrisorie. Come si fa a farlo crescere? A suo parere occorrerebbe anche un coordinamento per ottenere risultati efficaci e a chi dovrebbe far capo questa cabina di regia? E’ opportuno muoversi su scala provinciale o regionale per essere maggiormente efficaci?
Le percentuali irrisorie della Riviera sono direttamente collegate alla politica restrittiva dei visti portata avanti dall’Italia sino ad oggi. Ciò significa che non è stato facile per i cinesi che volevano venire in vacanza da noi, avere il permesso di farlo.
Nella nostra regione inoltre abbiamo percentuali modeste di turisti cinesi anche perché fino ad oggi non ci abbiamo creduto, abbiamo completamente trascurato questo mercato. Le poche cose che abbiamo fatto le abbiamo fatte senza convinzione, le solite ritualità stanche. Ma non si può lavorare così nei mercati. Comune di Rimini a parte, chi ha un sito web in cinese in regione? Pochi pionieri. E’ ora di cambiare registro. Ma ovviamente le cose non sono semplici. Dieci anni fa potevamo essere i primi, oggi invece la Cina riconosce 148 paesi esteri dove fare turismo! Dunque la strada è lunga ma non credo ci si possa permettere il lusso di non tentare di percorrerla. La politica nazionale dei visti sta finalmente cambiando ed ora ottenere un visto dalla Cina è più semplice di qualche tempo fa, poi, certo, il coordinamento è importante, ma credo che la cosa più importante sia l’impegno, il lavoro costante, la voglia di rimettersi in discussione e ritrovare quello spirito pionieristico che aveva fatto della nostra regione la Regione n. 1 del turismo italiano.
- Lei ha scritto un manuale su come accogliere i turisti cinesi: può dirci quali sono le regole essenziali?
La prima cosa da ricordare è che un turista cinese quando arriva da noi non si aspetta di trovare la Cina, quindi la regola dell’autenticità del servizio è la regola da rispettare. Poi però per essere professionali bisogna cercare di conoscere la loro cultura che è diversa dalla nostra, e cercare di adottare dei piccoli gesti di accoglienza, dei segnali di attenzione, che possano essere percepiti come tali: dal bollitore allo spazzolino da denti in camera, al sito web in cinese, ad un minimo di segnaletica, ad una certa attenzione nel menù. Sono cose che si imparano, se si vuole.
- Le risorse economiche, anche in termini di promozione, sono sempre più ridotte: vale la pena investire molte risorse sul mercato cinese col rischio di non averne poi a sufficienza per mercati che invece la riviera romagnola “cura” da decenni? In un ipotetico “portafoglio” turistico, quali mercati stranieri metterebbe nei primi tre posti?
Certo un budget importante aiuta una destinazione, ma in passato è accaduto che budget rilevanti siano stati sprecati in iniziative che non hanno portato risultati. E non è detto che le risorse economiche siano la cosa principale. Il turismo è fatto dalle persone, sono le persone che possono portare i turisti a Rimini, non i dépliant, o gli stand in fiera. Dunque occorre investire in competenze, nelle nuove professionalità, in capacità relazionali, nella conoscenza delle lingue, per tutti i mercati, non solo per la Cina. E, dopo la rivoluzione digitale, occorre investire sul web; e questo in Cina soprattutto, visto che la Cina è il paese più “social” al mondo. Non metterei certo la Cina tra i primi 3 mercati di Rimini, ma non la trascurerei affatto. Nel 2012 sono stati fatti 83 milioni di viaggi all’estero dai Cinesi, i primi consuntivi del 2013 parlano di 97 milioni di viaggi all’estero. Quali altri mercati corrono con questi ritmi?
Se volete leggere l’intervista integrale, la trovate qui: http://www.riminiduepuntozero.it/rimini-chinese-friendly-qualche-pioniere-ci-crede/