Mercato Turistico cinese: delude l’incoming

Per chi si occupa di turismo nei rapporti tra Italia e Cina c’è qualcosa che non torna.
La Cina è considerata un grande mercato dalle potenzialità enormi per l’offerta turistica italiana.
Pur con la cautela con la quale vanno letti i dati ufficiali del movimento turistico cinese, l’incremento del numero dei turisti in uscita dalla Cina ha del sorprendente: erano 10 milioni nel 2000, sarebbero addirittura 40 milioni oggi.
Ma ha del sorprendente anche scoprire che in Italia arrivano tutto sommato pochissimi turisti cinesi (appena 127 mila, secondo alcune stime), un numero addirittura inferiore a quello registrato nel 2002, quando il nostro paese non era ancora “destinazione turistica autorizzata” dal Governo cinese!
Il mistero è tutto sommato semplice da capire. Gli operatori turistici italiani vanno in Cina pensando di vendere delle camere da letto, o al più dei pacchetti stereotipati, non dei Luoghi. Nella mia attività professionale non ho riscontrato nessun interesse a puntare su temi forti e specifici della proposta italiana, temi cioè sui quali si potrebbe instaurare ben altro tipo di rapporto con la Cina, e aprire una diversa prospettiva allo sviluppo turistico del nostro paese. Una svolta potrebbe avvenire se si capisse che per un potenziale turista cinese l’Italia non è solo arte, cultura e paesaggi. L’Italia è soprattutto persone.
Pensiamo ad esempio agli Italiani che nei secoli scorsi hanno arricchito la cultura cinese, o che hanno rappresentato un “ponte” tra le due culture. I gesuiti Matteo Ricci, Martino Martini, o Giovanni Castiglioni non solo godono di una popolarità crescente (soprattutto quest’ultimo che è considerato dai Cinesi uno dei più grandi pittori del loro paese, un onore che non è stato dato a nessun altro artista straniero, e la cui vita è stata oggetto di un serial televisivo di successo trasmesso in 20 puntate), non solo hanno effettivamente dato un contributo rilevante alla cultura cinese, ma rappresentano a tutti gli effetti un modo nuovo e diverso di rappresentare la nostra proposta culturale, il nostro stile di vita e il fascino del nostro paese.
E molto si potrebbe fare se si studiasse un po’ di più il mercato cinese, e se si imparasse a vendere lo stile di vita italiano al di là dei soliti pacchetti “anni ‘60”, ritrovando un po’ di entusiasmo e rifuggendo dal marketing rassegnato che caratterizza tante aziende ricettive e tante destinazioni italiane.

Giancarlo Dall’Ara, agosto 2008

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